Tra i matrimoni alla corte di Enrico VIII c’è l’imbarazzo della scelta ma, a differenza di ciò che si potrebbe pensare, i matrimoni reali non erano pubblici e non lo sarebbero stati per un bel po’.
In epoca Tudor, i matrimoni erano un fatto privato, che prevedeva la stipula di un contratto e la celebrazione religiosa.
Ma come funzionava il tutto?
Partiamo dal fatto che la fase del corteggiamento era assolutamente fondamentale: lo scambio dei regali avveniva tramite intermediari di modo che ci fossero dei testimoni, dopo di che, a fidanzamento avvenuto, si poteva celebrare il matrimonio.
Va detto che questa è, secondo il nostro contemporaneo punto di vista, una delle rare eccezioni in cui le classi meno abbienti godevano di maggiore libertà delle più altolocate.
Infatti non essendoci grandi eredità da spartire e conservare, uomini e donne della classe più bassa dovevano trovare un lavoro, imparare il mestiere, ed accumulare il denaro necessario per formare una famiglia e mantenerla. Per questo prima di tutto la scelta poteva ricadere liberamente sugli interessi reali delle persone e non su un matrimonio combinato dalla famiglia, e poi ovviamente l’età da matrimonio si alzava significativamente sopra i vent’anni o più ancora.
Diverso era per l’alta borghesia e per la nobiltà, che dovevano proteggere, conservare o innalzare la propria fortuna e casato.
Le donne in particolare e senza alcuno stupore erano strumenti in questo senso, così come accadde alla sfortunata Anna Bolena, che di base venne utilizzata per fare la fortuna dei Bolena, della religione protestante e, senza che nessuno potesse immaginarlo, della stessa Inghilterra.
Ma andiamo con ordine.
Gli uomini primogeniti non avevano scelta: dovevano sposarsi con chi voleva la famiglia, e spesso per mantenere le fortune intatte si sposavano per endogamia, ossia all’interno della propria cerchia familiare, il ché comportava spesso morti premature e parti difficili.
Una volta stipulato il contratto (per verba prasenti – subito valido- o per verba de futuro – intenzionale ma annullabile) in cui veniva dichiarato l’ammontare della dote ed eventualmente quanto il marito avrebbe lasciato alla moglie in caso di morte (per garantire alla vedova e alla famiglia un futuro), si procedeva con le pubblicazioni.
E se per noi si tratta di andare in comune nei sei mesi precedenti il matrimonio, al tempo voleva dire che la coppia, o chi per essa, per tre domeniche consecutive andava a gridare per il paese le proprie pubblicazioni.
Fatto questo, arrivava finalmente il momento della cerimonia e del matrimonio vero e proprio.
Sposo e sposa si trovavano davanti alle porte della chiesa insieme al sacerdote. Qui pronunciavano i voti con l’aggiunta del voto di obbedienza al marito da parte della sposa. Lo sposo poi porgeva l’anello al sacerdote che lo benediceva tra le pagine della Bibbia. Lo sposo poi lo infilava all’anulare destro della sua sposa e venivano dichiarati marito e moglie.
Dopodiché entravano in chiesa, popolata dagli amici e parenti per la messa nuziale. Il rito religioso prevedeva anche la Velatio Nuptialis, un rito che ad oggi può essere adottato sia come parte del rito religioso che come rito simbolico. In pratica due testimoni reggevano sopra alle teste degli sposi, in ginocchio davanti all’altare, un velo che rappresentava lo Spirito Santo e la benedizione di quell’unione.
Conclusa la cerimonia si dava finalmente il via ai festeggiamenti.
Il pranzo doveva essere sontuoso e ricco, musica e balli festosi accompagnavano tutta la giornata, con l’aggiunta di cantori e menestrelli, poeti e giocolieri. Nella classe più bassa della società, gli invitati portavano doni e contribuivano alla birra della sposa.
Letteralmente con Bride Ale in realtà si comprende tutto ciò che riguardava la sposa e i festeggiamenti di matrimonio, ma al tempo esisteva una vera e propria tradizione per la quale la sposa serviva la birra durante il ricevimento nuziale (a volte una birra fatta da lei stessa) e in cambio riceveva denaro e doni per aiutare la coppia a costruire la propria vita insieme, a partire dalla casa fino a dei risparmi da mettere da parte. Da questa fortunata e semplice tradizione, si è arrivati fino al vero e proprio addio al nubilato che noi tutte conosciamo, temiamo e desideriamo a seconda dei casi.
Alla fine dei festeggiamenti, chiassosi e goliardici, avveniva la messa a letto: gli sposi venivano accompagnati nella propria camera da dei testimoni, poi chiusi dentro e lasciati alla loro privacy, così che nessuno potesse mettere in dubbio la validità del matrimonio.
Ma cosa succedeva alla corte di Enrico VIII?
Come ho scritto all’inizio di questo articolo, in realtà il matrimonio a corte non si svolgeva in maniera molto diversa. Si trattava sempre di celebrazioni private, ricche, lussuose, a seconda del caso con invitati importanti, ma sempre nella ristretta cerchia, e soprattutto se parliamo dei matrimoni di Enrico VIII stesso!
Tolta la prima moglie, Caterina d’Aragona, vedova di Arthur Tudor, il fratello maggiore di Enrico, e con la quale si celebrò un matrimonio semplice ma alla luce del sole, tutti gli altri matrimoni si sono svolti quasi sempre non solo in privato ma in segreto, a partire proprio da Anna Bolena. Enrico la sposò folle d’amore quando lei era già incinta di Elisabetta e lui era ancora sposato con la sua prima moglie.
Sposò invece Jane Seymour appena 11 giorni dopo la morte di Anna Bolena.
Jane gli diede il suo unico e sfortunato figlio maschio, alla cui nascita però lei non sopravvisse: morì di febbre puerperale, ed Enrico sembra che ne soffrì terribilmente. Aspettò due anni prima di risposarsi per la quarta volta con Anna di Cleves, la più fortunata delle mogli: il loro matrimonio si concluse per annullamento, lei visse felice e contenta nel castello che lui le aveva lasciato e sopravvisse a lui e a tutte le altre, giocando a carte con amici e servitù.
In segreto EnricoVIII sposò anche la sua quinta moglie, l’adolescente Catherine Howard, innamorata di un altro uomo. Ebbene, alla corte di Enrico VIII matrimoni e segreti hanno vita breve, e così Catherine fece la fine della cugina Anna Bolena, e venne decapitata dal re, che poi decapitò anche il suo amante.
E poi arriviamo a Catherine Parr, che si curò di un marito e re ormai vecchio e malato. Si occupò dei suoi tre figli, fece rientrare nella linea dinastica sia Maria che Elisabetta e resse il regno finché il figlio avuto con Jane Seymour, Edoardo VI, non fu in grado di regnare, seppur brevemente. Inoltre Catherine, una volta morto Enrico, poté sposare il suo grande amore nonché zio dell’erede al trono, Thomas Seymour.
Della serie, tutto è bene ciò che finisce bene.
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Caterina