Oggi ti racconto di uno dei matrimoni di cui più si è parlato tra i contemporanei: il matrimonio di Lucrezia Borgia.
Altro che royal wedding o Brannifer, o Brangelina o tanto meno i Ferragnez: in piena età moderna era lei il pettegolezzo sempre sulla bocca di tutti.
Lucrezia Borgia era infatti una dei figli di Papa Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, avuti con Vannozza Cattanei, uno dei suoi due grandi amori (prima lei e poi la ben più giovane Giulia Farnese).
La famiglia Borgia, spagnoli in terra romana, è stata per secoli e secoli oggetto di pettegolezzi, storie e intrighi sempre in bilico tra realtà e calunnia.
Di base era una famiglia scomoda e molto potente, che per aumentare sempre più il proprio potere non si è mai fatta particolari scrupoli: in particolare lo stesso Rodrigo, diventato Papa nel 1492 e ovviamente il famigerato Cesare Borgia, colui che ispirò il Principe di Machiavelli (hai presente il detto “Il fine giustifica i mezzi”? Ecco, Cesare lo incarnava alla perfezione).
I due capifamiglia manipolavano fratelli, nipoti e cugini un po’ a proprio piacimento, ed in particolare Lucrezia fu pedina nei loro giochi di potere, finché lei stessa non imparò ad emanciparsi da questa condizione.
Come dicevo il matrimonio di Lucrezia Borgia fu tra i più chiacchierati ed opulenti dell’epoca, molto più dei famosi matrimoni di Enrico VIII di cui ti ho parlato in questo articolo (che si svolgeranno qualche anno dopo).
Ma a quale dei suoi matrimoni mi sto riferendo?
Non il primo, contratto con il povero Giovanni Sforza quando Lucrezia aveva appena 12 anni e lui 27, conclusosi con un annullamento e molto risentimento. E neanche il secondo, con il bell’Alfonso d’Aragona, figlio illegittimo del re di Napoli, conclusosi con l’omicidio di Alfonso ordinato da Cesare Borgia.
Ma ti voglio raccontare del terzo matrimonio di Lucrezia, con il buon Alfonso d’Este, erede del duca Ercole d’Este di Ferrara (se sei un’appassionata di letteratura, sono gli stessi Estensi per cui Ludovico Ariosto scrisse l’Orlando Furioso, e chissà se per la diabolica Angelica si ispirò proprio a Lucrezia…).
Arrivata all’età di 21 anni, Lucrezia capì fin troppo bene che i suoi mariti erano malcapitati, perciò quando venne il momento di trovarsi un terzo marito, decise che avrebbe partecipato lei stessa alle trattative e alla scelta, di modo da trovarsi un marito che la portasse via da Roma, che la strappasse via dai giochi di potere del padre e del fratello, e che fosse sufficientemente potente da non farsi ammazzare.
E così la scelta ricadde su Alfonso d’Este.
Quest’ultimo e il padre non erano particolarmente entusiasti di questo matrimonio: dopotutto su Lucrezia circolavano voci d’ogni tipo, dall’incesto a che avesse avuto un figlio da un suo amante prima del matrimonio, ed era in ogni caso chiaro a tutti che Cesare Borgia fosse tra gli uomini più pericolosi del tempo.
E fu questo forse un dato che andò a favore del matrimonio, perché i nemici è molto meglio farseli parenti.
Il duca Ercole impose al Papa una dote altissima perché Alfonso prendesse in moglie sua figlia, tra oro, gioielli, abiti e chi più ne ha più ne metta.
E così, tirando giù il prezzo da una parte e su dall’altra, alla fine le due parti trovarono un accordo: dopotutto Lucrezia aveva scelto Alfonso.
Come per la maggior parte dei matrimoni dell’epoca, il vero contratto fu sancito a porte chiuse il 26 agosto 1501, mentre il primo settembre dello stesso anno venne celebrato il matrimonio per procura, ossia senza la presenza dei due sposi.
E allora, dove sta la parte interessante di questo matrimonio?
Ebbene, è un po’ come quando si celebra il matrimonio ufficiale con i soli testimoni in comune: non è questa una condizione per cui non si possa celebrare un grande matrimonio, diciamo “simbolico”, qualche tempo dopo con tutti gli amici e i parenti.
Il 30 dicembre 1501 infatti avviene la benedizione nuziale sui due, che, per quanto già avessero avuto modo di conoscersi tempo addietro durante le feste date in casa di Lucrezia, non si erano ancora visti dopo la stipula del contratto matrimoniale.
La benedizione diede avvio ai festeggiamenti, in occasione dei quali il Papa aveva anticipato il Carnevale.
Per cui a partire dal capodanno 1501-1502, Roma venne invasa dai festeggiamenti più astrusi e grandiosi che si fossero mai visti: vino a profusione, musica e saltimbanchi, corse al palio e spettacoli in ogni via, e con la partecipazione di tutte le famiglie più potenti del circuito romano.
Il 6 Gennaio, dopo un lungo colloquio tra il Papa, Cesare e Lucrezia, questa salutò Roma per l’ultima volta, partendo per Ferrara, accompagnata dal cognato Ippolito d’Este, di cui diventerà ben presto intima amica.
(Ippolito è proprio quello che commissionò l’Orlando Furioso e che mandò il povero Ludovico Ariosto in Garfagnana, ma questa è una lezione di storia con cui non ti tedierò).
La carovana nuziale era composta da carrozze e cavalli, fanti e cavalieri, musicisti, saltimbanco, dame di corte e cortigiane: un corteo enorme, fondamentale per proteggere non solo la nuova sposa di Ferrara, ma soprattutto l’enorme dote che portava con sé: bauli carichi di ricchezze infinite per l’epoca, un bottino davvero succulento.
Ma chi avrebbe mai derubato la sorella di Cesare Borgia?
Giunta a Ferrara, venne accolta da una folla adorante e vestita a festa.
Lucrezia era impeccabile, cavalcando all’amazzone il suo cavallo bianco. Alfonso indossava un abito ricco in velluto verde ricamato a foglie di quercia oro.
Lucrezia scintillava, narrano le cronache, con la sua famosa chioma bionda (di cui resta un ciuffo di capelli che la stessa aveva donato al suo caro amico Pietro Bembo e che egli conservò così gelosamente da farla arrivare intatta ai giorni nostri).
Teneva i capelli semi raccolti in una cuffia ricamata sottilmente in filo d’oro e diamanti. L’abito in broccato d’oro non aveva eguali in tutto il mondo, e si copriva (perché non dimentichiamoci che era febbraio) con un mantello d’ermellino come si confaceva a tutta la più alta nobiltà.
Una perfezione e una bellezza tali da conferirle grazia anche nel cadere da cavallo.
Entrando in Ferrara, infatti, la folla festante fece imbizzarrire il palafreno che la disarcionò. Fu il duca Ercole a soccorrerla, anche se, da quanto riportano le cronache, Lucrezia non fece trapelare alcuna sofferenza nel rialzarsi, dissimulando con una risata (forse l’abito aveva attutito la caduta? O forse anche lei come tutte noi non avrebbe mai lasciato intravedere un briciolo di insicurezza in pubblico).
Fatto sta che la sua presenza venne descritta come una visione angelica, da far commuovere tutti coloro che ebbero il privilegio di vederla, e fugare ogni dubbio di suocero, marito e cognati.
Iniziò così un mese di festeggiamenti per il matrimonio di Lucrezia Borgia e il duca Alfonso d’Este, anche qui, fatto di banchetti, spettacoli di ogni sorta, musica e poesia, e forse gli sposi stessi ebbero modo di innamorarsi, anche se, da quel che si racconta, non fu il nuovo marito il solo ferrarese a bruciare d’amore per lei.
In ogni caso, la passione di Alfonso fu inserita nelle cronache del tempo, per non lasciare adito a dubbi sulla validità del matrimonio (nel caso in cui il Papa potesse avere un qualche ripensamento come fu per il povero – e presunto impotente- Giovanni Sforza).
Così, Lucrezia a ventun anni si liberò dal giogo di padre e fratello, non però per andarsi a sottomettere a un altro uomo, almeno per i canoni dell’epoca.
Fu capace infatti di far valere tutta la propria abilità alla corte estense.
Lucrezia era stata istruita non solo per compiacere il marito, ma anche per reggere un paese: nel suo passato era stata governatrice di Spoleto e poi reggente in Vaticano in assenza del Papa.
E così, anche a Ferrara si distinse per le sue capacità politiche e diplomatiche, tanto che durante i viaggi del marito, era lei a reggere le sorti della città.
Con svariate difficoltà, imparò a destreggiarsi nella nuova corte, e a farsi amare e ad apprezzare dai nuovi parenti, cognata Isabella a parte.
Quella di Lucrezia Borgia fu una vita incredibile, oscura e potremmo dire carnale.
Ben lungi dalle elucubrazioni romantiche tipiche delle figure femminili della sua epoca, Lucrezia divenne una donna pratica, forse anche suo malgrado: imparò a sporcarsi le mani pur di ottenere ciò che voleva, pur di liberarsi dalle violenze e prepotenze degli uomini della sua famiglia, e alla fine si scelse la vita che voleva, incurante del fatto che per secoli sarebbe stata dipinta come una Lilith reincarnata, avvelenatrice e assassina.
Lei, tra le poche con abbastanza coraggio da appropriarsi della propria esistenza, di vivere davvero la propria vita assaporandone ogni più piccolo momento.
Immagineresti mai un matrimonio ispirato alla figura di Lucrezia Borgia?
Grazie per aver letto questo articolo,
spero ti sia stato utile!
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A presto,
Caterina